PaesedelleStreghe

Contus

Una tragica commedia di Streghe

di Davide

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Teresina aprì gli occhi, alzandosi di scatto dal letto. Si guardò attorno e vide Caterina ancora addormentata che parlava nel sonno. Si alzò e andò a destarla.
La ragazza si destò. “Che c’è?”
“Come stai?”
Caterina si stropicciò il viso. “Bene. Perché?”
“Hai sognato qualcosa stanotte?”
La sorella ci pensò su. “Nulla di particolare… Ero troppo stanca per la giornata di ieri… L’eclissi e la gita bagnata a Monti Mannu mi ha spossata… Ma perché questa domanda?
“E il tuo disturbo?”
Caterina strabuzzò gli occhi, si toccò il ventre con circospezione. “Sorella mia, è scomparso! Aveva ragione il dottore! Il mio era solo un gonfiore causato dal corpetto, e la tisana che mi ha dato mi ha fatto davvero bene!”
“Certo,” gli rispose Teresina. “Cerca di mangiare di meno però, e vedrai che il corpetto non ti darà più fastidi!”
Caterina fece il viso offeso. “Perché, secondo te, io mangio troppo?”
Teresina, alzandosi dal letto della sorella, sorrise. “Beh, tu assomigli troppo a mammài. Non è un mistero che mangi!”
Caterina si alzò. “Sei una screanzata! Essere la sorella maggiore non ti da diritto di trattarmi così…” Poi trasalì. “Che ore sono?” L’orologio a pendolo faceva un quarto alle undici. “Così tardi? Ma… come mai nessuno ci ha svegliate?”
Proprio in quel momento esplosero delle voci concitate che provenivano dalla camera affianco. Le due sorelle aprirono la porta e videro i genitori, poco fuori dalla stanza, che discutevano.
“Ma com’è che è così tardi?” sbraitava Don Raffaele, mezzo vestito. “Ma non è possibile!... Lucia!” urlò.
Donna Maria, intanto, aiutava il marito a sistemarsi la camicia. “Abbiamo dormito troppo, marito mio… La giornata di ieri… E comunque, non c’è da preoccuparsi. Oggi è domenica.”
Don Raffaele scosse la testa. “E con ciò? I miei animali non lo sanno che oggi è domenica!... Lucia!” insistette.
“Ma ci sarà pure qualche servo pastore a badarle! No?” obiettò Donna Maria, spazientita, mentre gli spazzolava la giacca di velluto verde. “Forse Basiliu…”
“Quell’ubriacone?!” sbottò Don Raffaele, bloccandosi di colpo. “Giustappunto lui! Prima di andare a Monti Mannu, l’ho spedito a Santu Miali. L’altra notte ha fatto una cagnara, giù nel piazzale! Era chiaro che fosse ubriaco fradicio!” E riprendendo a vestirsi, urlò nuovamente: “Ma dov’è quella benedetta donna?!”
Si sentì uno scricchiolio nelle strette scale, e la figura della serva apparve. “Don Raffaele, che c’è? Perché gridate così?”
“E’ tardi!" gli rispose lui, stizzito. "Perché non mi hai svegliato alla solita ora?”
La serva parve offesa. “E quando mai io ho svegliato voi, oh su meri?”
Don Raffaele imprecò. “E’ vero... Però, visto che l’ora si faceva tarda, potevi pure preoccuparti di venire a vedere perché nessuno si svegliava.”
“Oh su meri,” rispose Lucia, visibilmente irritata, “anche se sono solo una povera serva, sono una cristiana. E come tutte le brave cristiane, la domenica vado a messa. Per cui, io sono uscita questa mattina, ho detto il rosario e ho ascoltato la parola del Signore!”
Caterina e Teresina risero. Don Raffele, sentendo le risa, si voltò. “E voi? Come mai siete ancora in vestaglia?”
Le due ragazze arrossirono, e il loro viso si fece serio. “Babbài,” fu Teresina a parlare, “anche noi abbiamo dormito come sassi. Forse la colpa è della bella giornata. Non come quella di ieri...”
“Dai, lasciale stare,” intervenne Donna Maria. “Oggi è domenica.”
L’uomo brontolò qualcosa e si diresse verso le scale. “Va bene, va bene. Io vado. Sarò a casa per pranzo.”
Dopo che se ne fu andato, Lucia Musinu si avvicinò a Donna Maria. “Ma si è alzato male, Don Raffaele?”
La donna scrollò le spalle e sorrise. “Deve aver fatto qualche brutto sogno… A un certo punto ha gridato nel sonno. Quando si è svegliato mi ha guardata e ha esclamato: ‘un corvo’!’”
Teresina e Caterina si guardarono. “Brutto sogno davvero,” e risero nuovamente.
Donna Maria guardò le figlie con aria seria. “Che ridete voi? Perché non andate a vestirvi? Visto che non si è andati a messa, bisogna approfittare per pulire.” E guardando la serva con complicità, aggiunse: “Vero Lucia?”
La serva annuì seria. “Ci sono un bel po’ di cosette che vorrei farvi fare. Quando vi sposerete, dovrete essere capaci a far tutto…”
Le due ragazze s’incupirono. Senza proferire ulteriori parole, entrarono in camera loro. La giornata si preannunciava inaspettatamente faticosa.

L'orologio del campanile rintoccò mezzogiorno. Il dottore chiuse gli occhi in una smorfia di dolore. Poi li riaprì e rimase immobile a fissare la strada. Il mal di testa non gli era ancora passato del tutto.
“Passerà,” fece Rosina Matta, la sua governante, mentre, con modi spicci e veloci, gli rifaceva il letto.
Gioacchino Murgia si voltò e sbuffò. “Questo è poco ma sicuro, Rosina. Dottor Serpi ha fatto un ottimo lavoro sul taglio... Solo che non riesco ancora a capacitarmi di cosa possa essere successo.”
La governante scosse la testa. “Non chiedetelo a me, oh su dottori! Siete uscito ieri mattina, dicendo che vi recavate dai Dettori, poi invece vi abbiamo trovato verso sera nella zona della Spendula, ferito e svenuto.”
“Appunto!” fece il dottore, perplesso. “Io non ricordo di come ci sono arrivato alla cascata! Non ricordo che volessi andare per funghi... Cos'hanno detto i Dettori?”
“Non c'erano ieri. Così ha riferito la serva quando siamo andati da loro... Ha detto pure che voi certamente non vi siete visto... E comunque, oh su dottori, quando vi abbiamo trovato, il cestino e il coltello l'avevate... Il colpo vi ha fatto perdere la memoria.”
Il dottore, toccandosi la fasciatura sul capo, annuì. “Hai ragione, Rosina. E’ che non m'era mai capitata una cosa simile...”
“C'è sempre una prima volta,” ribatté la donna, che gli si avvicinò con maggiore dolcezza. “Su, ora venite di là che vi ho preparato un buon brodo di pollo.”

Graziedda Salis aveva ancora un po' di nausea. Il giorno prima era stata malissimo e non era uscita per nulla; e la notte, peraltro, non aveva neanche lavorato (per quanto lei lavorasse con i villacidresi, visto che la sua clientela era composta soprattutto da ricchi notabili dei paesi limitrofi).
Spostò il piatto della minestra e si alzò. Era indecisa se uscire un poco o restare ancora rintanata in casa. La giornata era stupenda, e non sarebbe stata una cattiva idea salire fra le montagne e restare lì a riflettere sulla propria misera vita.
Ci pensò un attimo, e alla fine, dopo un bel sospiro, decise che l'idea non era proprio cattiva. Forse una bella passeggiata verso Monte Margiani l'avrebbe rilassata. Magari avrebbe pure incontrato qualche simpatico pastore che, in cambio di qualche carezza, le avrebbe regalato una bella forma di formaggio e un po' di latte fresco.
Con quel pensiero, sorrise. Senza indugiare oltre, prese una piccola brocca, si mise uno scialle sulle spalle e uscì, dirigendosi verso Seddanus.
Era proprio una bella giornata, convenne tra se, mentre assaporava il tiepido sole autunnale sul viso.

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