PaesedelleStreghe

Contus

Una tragica commedia di Streghe

di Davide


IX

Le due ragazze guardavano dalla finestra, visibilmente scosse per tutto quello che stava succedendo nel piazzale. Era quasi certo che di lì a poco qualcuno sarebbe giunto per vedere cosa stesse succedendo in casa Dettori. Qualche agricoltore, forse. L'imponente edificio, infatti, era al limite estremo della via Roma, in aperta campagna, circondato da orti e uliveti, in gran parte della ricca famiglia, ma non tutti. E in quella giornata di sole, qualcuno avrebbe udito certamente le urla.
“Non verrà nessuno, invece.”
Le due ragazze, piangenti, si destarono e si voltarono. Videro una giovane donna, bella, in veste bianca. “Chi siete?” chiesero, turbate per l’intrusione. “Come avete fatto a entrare?”
“Non importa chi sono io,” rispose lei, avvicinandosi.
“Ferma lì, o gridiamo aiuto!” esclamarono le due ragazze, minacciose.
“Ma non è di me che dovete avere paura,” ribatté la donna, sorridente, fermandosi. “Io sono qui per aiutarvi.”
Teresina e Caterina non capirono. “Ma che dite?” Fece la prima. “Aiutarci? Perché? Noi non abbiamo bisogno di nulla,” e indicando le urla che provenivano dal piazzale in basso, aggiunse: “Se c’è qualcuno che ha bisogno d’aiuto, sono quelli laggiù!”
La giovane donna scosse la testa. “No. Siete voi due che avete bisogno d’aiuto.”
“Ancora non capiamo,” ribatté con insistenza Teresina.
La giovane donna sbuffò. “Prima di tutto, oggi non verrà nessuno, perché qualcuno ha fatto in modo che non venisse nessuno… Che nessuno sentisse quello che sta accadendo qui dentro… E poi c’è l’eclissi…”
“L’eclissi?”
“Si. Sapete che cos’è?”
Fu Caterina ad annuire timidamente. “Certo, i libri parlano chiaro, e noi andiamo a scuola...”
“Bene. Allora saprete che durante l’eclissi i poteri di una strega si centuplicano. Diventano immensi…”
Sentendo nominare la parola ‘strega’, Teresina e Caterina sussultarono. “Strega? Cosa stai farfugliando, donna? Qui non ci sono streghe!” fu Teresina e parlare.
“Sbagliate. Io lo sono,” ribatté la donna.
Quelle parole fecero sbiancare le due ragazze che, agghiacciate, si appiattirono nel muro affianco alla finestra. “Va via!” le dissero, all'unisono e tremanti. “Noi non abbiamo nulla da offrirti!”
La giovane donna sorrise nuovamente. “Certo che no. Non per me. Ma per qualcun altro sì,“ e indicò la finestra. “La fuori c’è una delle più malvagie streghe che siano mai vissute... Vuole impadronirsi di voi. E questo è il giorno ottimale. C’è l’eclissi…”
Le due ragazze scossero la testa. “Stai dicendo assurdità!” le urlò Teresina.
Ancora una volta, la giovane strega scosse la testa. “No... Guardate, è laggiù. Ha preso vostra madre in un incantesimo, e lei fra poco commetterà un crimine, avvolta dall’odio cieco che le ha istigato: ucciderà Don Dettori, e voi resterete completamente orfane e indifese… Quando ci sarà l’eclissi, vi trasformerà in sue schiave, e allora sarete perdute per sempre… Dovete venire con me. Subito!”
Le due ragazze furono avvolte dal dubbio. Fuggevolmente guardarono fuori dove, stranamente, non si udivano più urla. Teresina, sempre con gli occhi fissi sulla giovane donna, si avvicinò cauta alla finestra per vedere meglio cosa fosse successo.
Quello che vide la lasciò allibita. Erano tutti fermi, bianchi come il marmo; immobili come tronchi di alberi avvizziti che spesso aveva visto nelle campagne circostanti. “Ma che prodigio è questo?” sussurrò, spaventata.
“Sono stata io,” disse la strega. “Per impedire l’inevitabile, ho trasformato tutti in statue di sale… Ma non posso trattenere oltre la furia che c’è in quella malvagia donna… Dovete decidente in fretta. Guardate,” e con un cenno del viso indicò l’esterno. “Guardate, il cielo comincia a incupirsi. L’eclissi ha inizio… Dobbiamo andare, prima che l’oscurità scenda! Se ciò accade e voi siete ancora qui, la strega malvagia non potrà essere fermata. Dobbiamo immediatamente fuggire via!”
Caterina e Teresina, disorientate, guardarono fuori. Effettivamente il cielo stava oscurandosi, come se stesse calando la notte. Si impaurirono. Sentivano che quello che stava dicendo la strana donna corrispondeva alla realtà: giù nel piazzale, i litiganti sembravano effettivamente statue di marmo.
“Allora?” chiese, impaziente, la strega. “Dobbiamo andare, prima che lei arrivi. Se farete come vi dico, sarete salve, e saranno salvi pure i vostri genitori.”
Le due ragazze si voltarono verso di lei e fecero un cenno d’assenso, rassegnate nell'affidarsi alla misteriosa quanto sinistra figura di donna.
La strega sorrise placida e annuì. “Bene. Possiamo andare.”
In fila, scesero le strette scale di legno. La giovane donna stava dietro di loro. Quando arrivarono al pian terreno, videro la porta spalancata nel piazzale. Le due ragazze riconobbero subito la sagoma del padre, immobile sulla porta, con l’espressione visibilmente spaventata; riconobbero pure la figura della madre che, con il viso contorto dalla rabbia, teneva la meretrice per i capelli e il dottore per la caviglia, in un'aberrante forma che saldava le tre figure come fossero state scolpite in un blocco unico. Indugiarono ancora sulla tetra scena, incupita dall’incedere dell’oscurità, per cercare la figura di Lucia Musinu; tuttavia, non la videro. Presero allora un bel respiro, e facendosi coraggio, uscirono fuori per cercare meglio, ma senza risultato.
Intanto, la giovane strega stava dietro di loro e si guardava attorno con circospezione. “Su, su. Andiamo. Sento che è qui! Correte…” le incalzò.
Le due ragazze si misero paura. L’aria era fosca. L’oscurità ormai era calata quasi del tutto. Uno strano vento cominciò a levarsi; un vento gelido, come non s’era mai sentito in autunno.
Fu in quel momento che una voce parlò; una voce che riconobbero immediatamente. “Ferme!” ordinò.
Caterina e Teresina si bloccarono di colpo, proprio vicino al portone del piazzale. Si voltarono, e videro una giovane ragazza vicino allo stipite della porta d’ingresso. Incredibile, ma nei lineamenti candidi e persino belli, riconobbero il viso della vecchia serva. Il suo corpo sinuoso era avvolto in un vestito etereo e nero come la notte.
La strega dal vestito bianco si voltò verso di loro. “Andate! Ci penserò io a fermarla…”
“Perché non dici loro la verità?” gridò allora Lucia Musinu.
La donna, il cui abito bianco svolazzava nei mulinelli di vento, la minacciò. “Va’ via! Ti conviene!”
Lucia Musinu rise. “Povera stolta! Credevi sul serio che questo gioco mi avrebbe tratto in inganno?”
Le figlie di Dettori non capirono il discorso. Erano vicine al portone, vicine alla salvezza. Bastava varcarlo e correre giù, verso S’Asteria. Lì, quasi probabilmente, avrebbero trovato qualcuno… Eppure non potevano muoversi.
“Non preoccupatevi,” disse Lucia Musinu, quasi leggendo il loro terrore. “Siete sotto l’effetto di un incantesimo.” Le parole disorientarono le due ragazze. Il loro viso tradì l’emozione. Allora Lucia Musinu continuò: “Quella che avete di fronte a voi è Munda Marixi. Voi, piccole, non la conoscete, ma lei è una strega potente… Soprattutto malvagia... Voleva trarvi in inganno e portarvi alle cripte di Monte Cuccurdoni. Lì sareste diventate sue serve…”
La giovane strega si voltò verso le ragazze. I suoi occhi dardeggiavano odio, eppure cercò di rassicurarle. “Non credetele! Mente! E’ lei la strega malvagia dalla quale voglio salvarvi!”
In quel momento Lucia Musinu aprì le braccia e una folata di vento gelido investì Munda Marixi, che cadde a terra. Dopo di che, si sollevò in aria, e allungando il braccio verso la giovane strega, saettò una luce rosso sangue che colpì la donna nel petto.
Quello spettacolo fece urlare Caterina, mentre Teresina rimase pietrificata.
La giovane strega, tuttavia, non fu abbattuta. Si alzò quasi immediatamente e, agitando la mano, lanciò una saetta verde che colpì Lucia Musinu nella spalla. La serva cadde a terra, ma si rialzò subito. Pronunciando strane parole, fece apparire delle immagini terrificanti che attaccarono Munda Marixi, la quale, per nulla spaventata, bruciava quelle figure spettrali con lingue di fuoco che le fuoriuscivano dalla bocca.
Lucia Musinu non si arrese. Cominciò nuovamente a vorticare in aria, e Munda Marixi la seguì. Ciò che accadde dopo fu veramente spettacolare e terrificante allo stesso tempo. Le due donne si lanciavano saette e gridavano strane e aliene parole, alle quali seguivano eventi che sfuggivano alla comprensione umana.
Tutto ciò durò fin quando Munda Marixi, approfittando di un momento di distrazione di Lucia Musinu, si avventò con odio contro le due ragazze. “Se non le potrò avere io,” gridò, “periranno!”
Le due ragazze quando videro la strega volare verso di loro, urlarono di terrore. Lucia Musinu, ripresasi, fu tuttavia lesta. Pronunciò un incantesimo che creò una barriera di aghi tra la strega e le due ragazze. Munda Marixi andò a sbatterci contro, e urlò di dolore quando le punte gli trafissero il viso. Ma, con meraviglia delle due figlie dei Dettori, ciò durò pochi secondi. Infatti, gli aghi scomparirono, e con essi le ferite nel volto della strega.
Ma questo fu sufficiente affinché Lucia Musinu riprendesse il controllo della situazione. Quasi immediatamente, scagliò un'altra folata di vento che portò la strega, ancora stordita dal dolore degli aghi, verso l’alto; dopo di che la raggiunse, librandosi in aria come una piuma.
Le due fattucchiere, nuovamente faccia a faccia, ricominciarono a lanciarsi le saette di fuoco, fin quando Munda Marixi, dopo una finta, fece una cosa inaspettata: lanciò la propria saetta contro le figure immobili e inermi dei genitori delle due ragazze.
Lucia Musinu, inorridita, gridò la propria rabbia, e con un gesto del braccio creò una barriera di difesa che riparò le figure indifese. Ciò, però, la distrasse, e questo fu sufficiente per Munda Marixi, che lanciò una potente saetta che investì in pieno la serva, la quale cadde a terra svenuta.
La giovane strega esultò. Immediatamente, sotto lo sguardo allibito e terrorizzato delle due ragazze, atterrò leggera dinanzi a loro, controllando di sottecchi che la sua avversaria non si risvegliasse.
“Bene,” disse, ansimante. “Non posso eliminarla, ma per un po’ starà buona, mentre io mi occuperò di voi.” La risata, non più calda, era agghiacciante e crudele. “Il tempo incede. Vi porterò alla cripta antica e lì vi trasformerò nelle mie fedeli schiave. Mi servirete per tutto il tempo a venire, e nutrirete la mia magia e la mia vita fino a consumarvi!”
Le due ragazze, terrorizzate, cercarono di opporre resistenza, ma la strega pareva avesse un potere tremendo che impediva loro di fuggire. Non bastasse ciò, due cani neri come la notte si materializzarono lì, davanti a loro. Feroci e rabbiosi, le fissavano, minacciosi.
“Non osate muovervi,” fece loro, Munda Marixi. “I miei due fedeli guardiani vi dilanierebbero in un baleno.” Mentre diceva questo, guardò il cielo. Il buio stava svanendo, l’eclissi stava terminando, e grosse nuvole cominciavano ad addensarsi, fino a trasformarsi in piccole gocce di pioggia. La strega imprecò. Fissò nuovamente le due ragazze e disse loro: “Ora, dobbiamo andare. Lucia Musinu mi ha fatto perdere del tempo prezioso… L’eclissi non durerà ancora molto, e io devo compiere il rito prima che il cerchio nero della luna abbandoni completamente il disco solare.”
Con quelle parole, Munda Marixi si portò al centro del piazzale, e con un gesso disegnò uno strano simbolo. Dopo di che, cominciò a recitare aliene preghiere in una lingua sconosciuta. Quando finì, fece un cenno alle due ragazze di venire verso di lei.
Teresina e Caterina potevano muoversi. Avrebbero potuto fuggire se non fosse per i due cani e la paura che dominava i loro cuori. Terrorizzate, si diressero verso la donna, seguite dai due malefici animali, che da dietro, con ringhi febbrili, incalzavano il loro camminare. Disperate guardavano Lucia Musinu a terra, svenuta.
Quando furono dinanzi alla strega, questa fece cenno loro di mettersi al centro del simbolo. “Non posso portarvi con il mio potere nella cripta,” disse. “Ho bisogno di un aiuto…” e rise. “Dovrete stare immobili. E’ già tutto predisposto. Non basterà che un attimo.”
Le due ragazze si misero al centro del sinistro disegno, e Munda Marixi cominciò una strana litania. Quello che accadde fu davvero terrorizzante. Le due ragazze si videro avvolte in un vortice di anime che urlavano agghiaccianti e oscene parole. Caterina cominciò a gridare, mentre Teresina la teneva stretta. Ma cosa stava accadendo? Perché loro? Perché Lucia Musinu non veniva ad aiutarle?
Quando un buco nero cominciò a formarsi sotto di loro, un precipizio oscuro che pareva le stesse risucchiando al suo interno, accadde l’imprevedibile. E accadde in un attimo: una figurina nera si appostò dietro la strega e con un bastone la colpì violentemente sul capo. La strega imprecò di dolore e si voltò; la figurina, veloce come un fulmine, tirò fuori un pugnale intarsiato con strani disegni, e glielo conficcò nel petto. Bastò un secondo, l’urlo disumano fu davvero orripilante. Munda Marixi si allontanò barcollando, mentre cercava di estrarsi il pugnale, senza riuscirvi: lentamente cominciò a disgregarsi; la sua pelle cominciò a creparsi, e una luce rossa cominciò a filtrare dal di dentro, finché il suo corpo non esplose, scomparendo nel nulla. Il pugnale cadde a terra. La figurina andò a ripescarlo e se lo mise in tasca.
Il vortice delle anime dannate che avvolgeva le due Dettori scomparve all’istante, e con esso il buco nero. Le due ragazze si ritrovarono in mezzo al sinistro disegno, esauste e smarrite. I cani neri erano scomparsi con la morte della strega. Quello che rimaneva era l’incantesimo che aveva tramutato Don Dettori e Donna Maria, il medico e la meretrice, in statue di sale.
Le due ragazze, ancora stordite, si alzarono e uscirono dal simbolo disegnato, mentre la pioggia cominciava a scrosciare violentemente e l’eclissi scompariva con i suoi residui di oscurità. La figurina, intanto, era ferma sulla giovane Lucia Musinu, la quale, dopo poco, si alzò, riassumendo improvvisamente le sue abituali sembianze di vecchia.
Nella fitta pioggia, lei e l’altra si diressero al centro della piazza, dove Teresina e Caterina erano immobili che osservavano i due profili avvicinarsi.
Fu la serva a parlare. “Siamo state fortunate,” disse, ridacchiando.
Teresina, fradicia, aveva il viso ancora sconvolto per quello che era accaduto. “State lontano!” urlò, proteggendo dietro di se Caterina, ancora piangente. “Voi… Voi siete streghe!”
La vecchietta rise. “Già!”
“Non avere paura,” intervenne Lucia Musinu con voce calma. “Non ti basta quello che hai visto per capire che siamo animate da buone intenzioni?”
Teresina si morse il labbro. “Non so più cosa pensare, Lucia Musinu,” rispose, stravolta, e guardando le figure immobili dei suoi genitori, aggiunse esasperata: “Fateli tornare com’erano prima!”
Lucia Musinu sorrise con calma. “Certo, ma voi dovrete dormire…”
Caterina e Teresina cominciarono ad avere una forte spossatezza. Le due figure davanti a loro cominciarono a sfuocare nella bruma e nella pioggia fitta, finché non scomparvero nel confortevole buio del sonno.

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