PaesedelleStreghe

Contus

Una tragica commedia di Streghe

di Davide

 

II

Le due figure uscirono che la luna era già alta nel cielo. La via Roma, silenziosa, era immersa nel buio, e così pure le rade case che si affacciavano sul strada sterrata che portava nel centro del paese. La dimora dei Dettori, dalla quale erano sgattaiolate via, fra tutte era la più imponente per bellezza e rifinitura. Tutti coloro che vi passavano di fronte, ne rimanevano impressionati, tanto era grande e bella.
Donna Maria Spanu e Lucia Musinu camminavano svelte, mentre risalivano la via, facendo attenzione a non fare rumore. E dopo diversi minuti, si ritrovarono all’ombra degli edifici a ridosso di piazza Frontiera, nella quale, a un certo punto, s’erano affacciate. Ansimanti, guardavano il grande edificio del Municipio di Villacidro dinnanzi a loro, illuminato da alcuni lampioni a petrolio. In giro non c’era nessuno, e il silenzio era rotto solo dal costante latrare dei cani.
“Ma dove mi stai portando, benedetta donna,” disse a un certo punto Maria Spanu, guardandosi attorno con nervosismo e circospezione. I suoi occhi, nella penombra, parevano due palle luccicanti che si alzavano e si abbassavano con il respiro affannato.
“Da sa coga,” rispose Lucia, seria, mentre scrutava la via. “Dalla strega Giuannica Marajani…”
“Questo l’ho capito,” ribatté Donna Maria. “Ma siamo sicuri che non sia malvagia? Non ho mica sentito parlare tanto bene di lei…”
Gli occhi neri di Lucia Musinu baluginarono d’ira. “Macchè malvagia!” fece, agitando la mano. “E’ un’amica mia. Mi deve dei favori, oh sa meri. Vedrete che lei ci aiuterà a scoprire il colpevole!”
Il viso paffuto di Maria Spanu, alla luce lunare, assunse un’aria pallidamente dubbiosa. Pensava a come si era ridotta per aiutare la sua Caterina; per il suo angelo circuito dalle bramosie di qualche mostro.
“Su, su, mia signora,” cercò di consolarla la serva, toccandole il braccio. “Vedrete che il colpevole lo troveremo…”
“Chi è là!” gridò a un certo punto una voce d’uomo.
Le due donne si spaventarono a morte. Senza indugio, andarono a ripararsi sotto l’arco d’un portone, dove la pozza d’ombra le nascondeva alla pallida luce notturna. Da lì scrutarono la piazza, e in lontananza, ai piedi delle scalinate di piazza Municipio, videro una tozza figura avanzare verso di loro.
“Vi ho visti, eh! Venite fuori, e che San Sisinnio vi protegga se siete dei banditi venuti per rubare in casa della gente perbene!!!” .
Fu allora che Maria Spanu riconobbe la voce di ziu Basiliu Marongiu, il loro pastore. Si rilassò e uscì dal cono d’ombra del vecchio portone di legno. “Sono io, Basiliu Marongiu. Non riconosci la moglie del tuo padrone?”
Anche Lucia era uscita. “Basiliu! Non vedi che siamo noi, brutto scimunito?”
L’uomo anziano, leggermente ricurvo, si raddrizzò un poco, e strabuzzò gli occhi, incredulo nel vedere la padrona e la sua serva in giro per il paese in quell’ora notturna. Immediatamente si buttò ai piedi della donna. “Oh, padrona mia, che sollievo, che sollievo: avevo il cuore che mi scoppiava… Sapete, io sono un povero vecchio e avevo il terrore che voi foste dei malvagi!!! Peggio… streghe!
Maria Spanu toccò la spalla dell’uomo. “Deh! Che fai lì buttato? Capisco lo spavento, ma non è necessario che tu ti prostri ai miei piedi! Ziu Basiliu alzati…”
L’uomo si alzò a fatica, aiutato dalla serva. “Sì, sì, è vero. Perdonate questo momento di codardia.” Poi, quasi resosi conto della stranezza dell’incontro, chiese: “Donna Maria, lo so che non sono affari miei, ma che ci fate in giro per Villacidro a quest’ora notturna?” e guardando la luna bella tonda e luminosa, aggiunse, rabbrividendo: “E per di più con quella così lucente nel cielo?”
Donna Maria Spanu stava per rispondere, ma Lucia la precedette. “Non sono proprio affari tuoi! Piuttosto, tu che ci fai a quest’ora di notte? Non è che sei andato a ubriacarti da qualche parte? Se lo sa Don Dettori, per te sono guai!”
Ziu Basiliu assunse un’aria offesa. “Ma che dici, serva? Io torno ora da Castangias, ho lasciato lì le capre a pascolare… E poi io non mi ubriaco!”
“Su questo non possiamo certo metterci le mani sul sacro fuoco di Sant’Antonio Abate,” ribatté Lucia, rigida. Il suo vestito nero si confondeva con le ombre che la circondavano.
“Donna, attenta a quello che dici!” la minacciò Ziu Basiliu, additandola, tremante. “Potresti pentirt…”
“Smettetela!” intervenne Maria Spanu, stanca. “Per carità, ho il mio dramma per pensare a quello degli altri…”
“Che dramma, padrona?” chiese il pastore, con aria visibilmente preoccupata e incuriosita allo stesso tempo.
“Nulla che ti interessi,” lo rimbeccò Lucia, frapponendosi fra i due con la sua mole.
“Oh, Lucia,” gemette Donna Maria Spanu, scansandola bruscamente, “lascia stare. Anche lui deve sapere. Forse ci potrà aiutare,” e raccontò la vicenda, sgranandola come un rosario, mentre Ziu Basiliu annuiva seriamente a ogni passaggio, strabuzzando gli occhi e agitandosi enfaticamente, come se fosse stato torturato dalle pulci.
“Madre mia!” esclamò alla fine il vecchio pastore. “Poveri noi… Povero Don Raffaele!!! Che sciagura che gli è capitata!!! Oh, mia signora, che possiamo fare? Su, su… Che possiamo fare per rimediare a quest’offesa? Povera Caterina, stella lucente nel firmamento!”
“E’ necessario, Ziu Basiliu, trovare il colpevole. Tu puoi aiutarci?” chiese Donna Maria.
L’uomo assunse un’aria pensierosa, portandosi la grossa mano callosa sul mento ispido e sfuggente. “Credo proprio di no,” disse alla fine. “Io sono sempre in montagna…”
“Va bene, va bene,” tagliò corto la donna, agitando la mano, consapevole della inutilità del pastore. “Ora và, e acqua in bocca con Don Raffaele. Bada a te,” lo avvisò, minacciosa, “se parli, sono guai!”
Il viso di Ziu Basiliu sbiancò: le minacce non gli erano mai piaciute. “Certo mia signora…” annuì. “La mia bocca sarà quella di un morto,” e aggiunse: “Piuttosto, se mi è concesso, voi, dov’è che andate?”
“Da zia Giuannica Marajani,” rispose lei.
“Cosa, cosa?” balbettò l’uomo, ancor più cinereo. “Ma… ma quella è una strega! Oh, ma in che guaio andate a cacciarvi! Permettetemi di farvi desistere,” e si aggrappò allo scialle di Donna Maria. “Non vi permetterò di andare lì!”
Donna Maria si sentì imbarazzata nell’avere l’uomo così accanto, con l’odore di capra e… di vino. Cercava di fargli mollare la presa sullo scialle, e a ciò contribuì pure Lucia Musinu.
“Ma che stai facendo? Lascia sa meri, Basiliu!” lo sgridava la serva. “E chiudi quella bocca maleodorante di alcool, che svegliamo tutti con i tuoi lamenti e il tuo puzzo!”
L’uomo, incurante della richiesta e dell’offesa, insisteva. Alla fine, Lucia, visibilmente adirata, prese una pietra lì accanto e gliela diede sul capo. Il pastore allora si intirizzì, finché cadde a terra svenuto.
“Oh, Santa Vergine! Lucia, ma che hai fatto?” Donna Maria si chinò sul poveretto, sul cui viso svenuto era rimasto impresso un sorriso ebete. Lo scrutò e vide che dormiva. “Meno male che è solo addormentato! Però è vero, puzza di vino!”
Lucia sbuffò. “Lo so. E’ ubriaco fradicio.” Poi si girò e vide che alcune fioche luci cominciavano a illuminare diverse finestre nella piazza. “Padrona, dobbiamo andare. Qualcuno deve essersi svegliato, udendo la conversazione. Sentite i cani come abbaiano ferocemente. Su, su. Dobbiamo andare, e non preoccupatevi di lui. Quando si risveglierà, crederà d’aver sognato…”

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