Dopo che Don Raffaele, congedato Ziu Basiliu, entrò in casa, andò
in camera delle figlie. Si affacciò, e vide le sue due bambine beatamente
addormentate. Lentamente, si diresse in camera sua, timoroso di vedere un
corvo nero sullo stipite del letto.
Mentre entrava, quatto quatto, nella stanza, si lamentava mentalmente, domandando
a Dio cosa avesse fatto di male affinché gli avesse mandato quel maleficio.
Tastò il letto, e notò che la moglie non c’era. Emise
allora un mugolio di dolore, e vi si buttò sopra, addormentandosi quasi
subito.
Poco più tardi, Donna Maria entrò nella camera, scorgendovi
il marito che, mezzo vestito, ronfava pesantemente. Con il cuore traboccante
di dolore per la figlia defraudata, accarezzò il volto dell’uomo,
il quale, sentendo la mano leggera della moglie, nel sonno farfugliò:
“Vai via, brutto corvaccio!”
Donna Maria sussultò. Ritirò immediatamente la mano, domandandosi
il senso di quelle parole. Povero marito, si disse. Come mai dormiva tutto
vestito? Quando l’aveva lasciato, russava beatamente sotto le coperte,
e invece ora era vestito di tutto punto, come se stesse per uscire.
Fece per destarlo, quando decise di attendere l’indomani. Cautamente
lo svestì e lo mise sotto le calde lenzuola di pesante lino. Dopo di
che, indossò la vestaglia da notte e vi si infilò pure lei.
E mentre cercava di addormentarsi, rimuginava sul come fare per dire tutto
al marito della loro Caterina. Maria Spanu era atterrita: quel vecchiaccio
lì, come aveva potuto sedurre la loro bambina?