La REGIA FONDERIA 
    DI VILLACIDRO
    "Charleshut" 
  
La "Charleshut", la fonderia dei 3 Charles, 
    fu costruita nel 1742 da Charles Bronder, Charles Holtzendorf e 
    dal l'ingegnere minerario svedese Charles Gustav Mandel. 
    Quest'ultimo condusse anche l'azienda.
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Fu edificata presso le rive del rio Leni in modo da sfruttarne la spinta delle acque per far ruotare una ruota idraulica e produrre energia.
Era il primo tentativo di industrializzazione nella storia mineraria della Sardegna, prima di allora c'erano stati solo episoli artigianali.
Nel 1743, le sue cinque fornaci per la fusione furono 
    riempite e cominciarono a colare piombo. 
    Gli ampi locali comprendevano:  un forno di calcinazione, due forni di 
    evaporazione, abitazioni, uffici, magazzini. Vi lavoravano circa cinquanta operai sardi 
    e 47 tecnici tedeschi. 
    Moltissime erano le persone che ebbero lavoro nell'indotto: trasportatori 
    (carradoris), carbonai, taglialegna, oltre naturalmente i minatori. 
    Inoltre, tutti i paesi vicini furono obbligati a fornire il combustibile per 
    il nuovo Moloc che ingoiava legna e carbone e sputava colate di metallo.
I minerali di tutte le miniere del circondario, ma soprattutto 
    di Montevecchio e  di S'Acqua Cotta a Villasor, venivano prima selezionati 
    tra la galena buona e la parte residuale, poi desolforati con enormi cumuli 
    di fascine. 
    Ogni fusione trattava 368 kg di minerali desolforati, consumava 264 kg di 
    carbone producendo 115 kg di piombo e 105 di matta.
Nel 1762 lo Stato prese la gestione e condusse direttamente 
    l'azienda. 
    L'amministrazione statale si mostrò poco dinamica e la fonderia, insieme 
    a tutto il sistema minerario che la sosteneva, andò verso una progressiva 
    decadenza.
Dal 1797 la fonderia di Villacidro lavorò a ritmo ridotto e solo il materiale più povero estratto nelle miniere di Montevecchio e Monteponi, mentre quello più ricco veniva imbarcato per le fonderie del Piemonte.
Gli scarsi risultati economici portarono alla decisione di affidare 
    la fonderia a una gestione privata. 
    Il 22 aprile 1806 il re  accordò a Edoardo Romeo, conte 
    di Vargas l'uso e la concessione per tutte le miniere della Sardegna.
    L'imprenditore la restaurò, dandole l'aspetto di un 
    grandioso fabbricato, ma l'azienda delle miniere gli andò male e 
    nel 1809 dovette rinunciare e ritirarsi.
    La fonderia fu chiusa.  
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    Nel 1860 il cagliaritano Salvatore Melis la rianimò per rifondervi 
    circa 20 mila tonnellate di scorie delle precedenti fusioni, ricavando oltre 
    a 9 mila quintali di piombo e 194 kg di argento.
    
    Nel 1863 fu nuovamente abbandonata anche perchè le miniere di 
    Monteponi e Montevecchio spedivano il materiale da trattare a Genova e a Livorno, 
    dove operavano fonderie più valide tecnicamente. 
Nel 1887 Giovanni Battista Fois Farci comprò 
    i terreni e le strutture e costruì un nuovo stabilimento per produrre 
    utensili di rame e pentolame (caddaxus). 
    L'attività durò 
    fino al 1907.
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